Un viaggio nel viaggio, guardando il cibo che mangiamo e riflettendo sulle nostre abitudini e le nostre convinzioni, valutando le nostre aspettative circa i mezzi che comunque degnamente ci trasportano. E interrogandosi sui volti e le espressioni di gente che si dà un gran daffare, con amore e a sufficienza, immersa nel mondo di cui si prende cura.
Buona lettura!
Raimundo C. è il prototipo degli abitanti di Xixuau. La prima volta che l'ho visto in azione capitanava una piccola spedizione di turisti (fra i quali, io) per un breve campo nella foresta. Era lui a dirigere la grande canoa con un piccolo motore fuoribordo (consistente in un mini motore, una lunga stecca di acciaio e una minuscola elica attaccata alla punta), ma capace di trainare altre tre canoe e portare tutto l' equipaggio (5 turisti e tre guide) e il carico delle masserizie utili per la sopravvivenza del campo.
Ogni singhiozzo del motore era per lui una comunicazione familiare, un avvertimento al quale far seguire determinate operazioni. E la navigazione lunga quasi tre ore è andata liscia e tranquilla, sia nei tratti in cui il Rio Jauaperi si allargava, sia quando si restringeva oppure ci inoltravamo in un canale secondario o ancora in un igapò (tratto di foresta inondata).
Giunti al campo, ha comandato, in silenzio o al massimo con uno scambio cantilenante (tipico del falar brasileiro), con le altre due guide, le operazioni di installazione del campo, vale a dire piantare dei pali per le amache e coprire il tutto con un grande incerato per difenderci da eventuali piogge e dalla umidità della notte. Ultimate queste operazioni si parte per la pesca. Dal villaggio abbiamo portato via solo riso, caffè e poco altro. Il companatico bisogna procurarselo.
Si formano quindi tre squadre. Io vado con la mia guida, Sezinho e con la terza guida, di cui non ricordo il nome, ma dagli occhi sempre sorridenti e con un discreto pancione. Quando rientriamo, abbiamo con noi 3 o 4 pesci medio piccoli, che scoprirò poi essere piranha. Ottimi sia cotti sul fuoco che bolliti. Tanto per smentire l'ennesima leggenda metropolitana: non sono i piranha a mangiare gli uomini, ma, come naturale, gli uomini mangiano i piranha. I nostri quasi quattro pesci non basterebbero per il pranzo. Ma arriva Raimundo, che ha pescato en solitaire, con la sua canoa e con cinque grossi pesci. Anche essi piranha, ma adulti (in questa fase assumono una coloritura scura, mentre i nostri medio-piccoli hanno le classiche striature rosse). Anche alla cottura sia del riso che dei pesci ci pensa Raimundo. Il fuoco lo aveva già preparato Sezinho. Raimundo prende una delle due pentole: ci mette dentro un chilo di riso, vi aggiunge olio di soia. Nel frattempo era andato nella foresta a procurarsi un piccolo palo. Lo ripulisce, vi incide delle tacche e lo conficca vicino al fuoco. In una delle tacche vi appende la pentola con il manico. Dopo aver fatto saltare il riso, lo fa cuocere in abbondante acqua e sale. Prima della fine della cottura del riso vi aggiunge delle verdure (pomodori, peperoni, carote, cipolle) in precedenza affettate finemente. Nel frattempo ha ripulito i cinque grossi pesci nell'acqua del fiume, li mette nella seconda pentola con acqua e sale. Anche qui aggiungerà a metà cottura delle verdure. Intanto Sezinho ha preparato i nostri quatto pesciotti. Li ha infilzati in un paletto ancora più piccolo e con lo stesso sistema li arrostisce al fuoco. E il pranzo è servito!
Per la cena il procedimento è lo stesso. Con una variante importante. Raimundo prima di cuocere il riso e il pesce, ci prepara un grande boccale di caipirinha: cioè' cachaça (che e' un distillato di canna di zucchero) con aggiunta di zucchero e lime. Purtroppo senza ghiaccio tritato. Ma nella foresta non si può avere tutto.
La stessa maestria e grandissima precisione di organizzazione Raimundo la manifesta come capitano del Leao de Judas, un vecchio gozzo motorizzato e sommariamente ricoperto, sul quale nessuno scommetterebbe sulle sue capacità di navigazione. Eppure, con Raimundo come nocchiero, farà senza problemi 22 ore di navigazione, senza sosta, da Xixuau a Nova Airò, quando, finito il mio tempo nel villaggio, dovrò rientrare a Manaus sulla strada del ritorno. Capitano, motorista, meccanico: per Raimundo il Leao de Judas non ha segreti, come non ha segreti il lungo e variegato percorso sul Rio Jauaperi.
Raimundo C. è un uomo piccolo, dalla età indefinibile (dai35 ai 55?), un viso rotondo bruciato dal sole dell'equatore, incorniciato da un caschetto di folti capelli brizzolati che incoronano uno sguardo penetrante e un sorriso appena pronunciato. Ha cinque figli e svolge con perizia e sagacia una infinità di altre attività. Non ultima la coltivazione di un esteso campo di mandioca, con annesso laboratorio di trasformazione del tubero.
Omero lo avrebbe appellato "uomo dalle molte risorse", senza tema di esagerazione, ma con una perfetta fotografia del nostro.
Per uno come me, imbevuto più di pellicole cinematografiche che di libri, il paragone più immediato che viene alla mente è con "L'uomo di Aran", il pescatore delle estreme isole irlandesi cantato in un film omonimo degli anni '30 dal grande Robert Flaherty. Un capolavoro assoluto del cinema mondiale e della creatività umana. Un film che ognuno dovrebbe conoscere, come l'Iliade e l'Odissea. Ecco, ci vorrebbe un nuovo Robert Flaherty per cantare degnamente le gesta di Raimundo C.
Giuseppe Picone
Rio 31 gennaio 2011